Roma, 28 Luglio 2021 – L’affogamento è tra le prime dieci cause di morte per i più piccoli. L’esperto: «Bisogna avere un’attenzione costante». Riportiamo l’articolo di Antonio Calitri pubblicato il 28/07/2021 sul quotidiano “Il Messaggero”.
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Mare e piscine
Allarme annegamenti
I bambini e le regole per bagni in sicurezza
L’affogamento è tra le prime dieci cause di morte per i più piccoli. L’esperto: «Bisogna avere un’attenzione costante»
IL VADEMECUM Con l’entrata nel clou della stagione balneare anche in Italia le cronache si riempiono di notizie di morti dovute ad annegamenti. E spesso riguardano i bambini e ragazzi dei quali gli annegamenti in Italia sono una delle prime 10 cause di morte prematura. Per cercare di arginare questo triste fenomeno, l’Istituto superiore di sanità ha diffuso un opuscolo con le norme che possono evitare tante morti. Anche perché, al di là dell’impegno di molte istituzioni (Ministero della Salute, Iss, Ispra, Società Nazionale di Salvamento, Gruppo Nazionale per la Ricerca in Ambiente Costiero, Capitanerie di Porto, Guardia Costiera e Anci) che hanno dato vita all’Osservatorio per la prevenzione degli annegamenti, il numero delle morti negli ultimi anni è rimasto abbastanza stabile intorno ai 400 eventi fatali.
I DATI Certo, può sembrare un’inezia se confrontato ai dati mondiali segnalati dall’Oms la settimana scorsa ovvero «236.000 persone nel solo 2019 che hanno perso la vita a causa di annegamento» e ben «2,5 milioni di persone nel decennio fino al 2019» e di queste «il 60% sono stati tra quelli di età inferiore ai 30 anni, con i tassi più alti tra i bambini di età inferiore ai cinque anni». L’Italia sta un po’ meglio anche tra i paesi occidentali visto che, come ha spiegato il dottor David Meddings, del dipartimento determinanti sociali della salute dell’Oms, «l’annegamento è la principale causa di morte per i bambini sotto i cinque anni in Cina e la seconda negli Stati Uniti e in Francia». Ma dover registrare centinaia di morti all’anno a causa di un evento quasi sempre prevedibile resta comunque inaccettabile. Per questa ragione l’Iss torna a farsi sentire con delle semplici regole di prevenzione sottolineando che «sorvegliare costantemente i bambini in acqua è la prima regola» da seguire. Tra gli altri accorgimenti importanti l’istituto consiglia di «recintare le piscine e coprirle con un telo quando non si usano. Togliere tutti i giocattoli e far indossare le cuffie» ai bambini. Bisogna infatti tener conto che un bambino fino atre, quattro anni, «può trovarsi in difficoltà anche in pochi centimetri d’acqua» e soprattutto che «sono sufficienti dai 3 ai 6 minuti per annegare». «Vigilare in maniera efficace» continuano gli esperti, significa «mantenere un costante contatto visivo e uditivo e trovarsi a portata di mano in caso si debba intervenire. Il tempo che occorre per recuperare il bambino che è sparito dalla nostra visuale può essere fatale. Quelli che possono sembrarci pochi istanti occupati a fare una telefonata, in realtà possono essere minuti. Chiediamo a un altro adulto fidato di mantenere il contatto visivo del bambino se abbiamo urgenza di allontanarci o distrarci anche per pochi attimi».
IL RISCHIO Un serie di consigli che potrebbero sembrare banali ma che in tanti non tengono in considerazione visto che poi gli annegamenti si ripetono. Come mai? «Nella balneazione, a molti adulti e praticamente a tutti i bambini», spiega il professor Giuseppe Marino, presidente della Società Nazionale di Salvamento, «manca la percezione del rischio. Una piscina piccola sembra innocua così come stare a pochi centimetri d’acqua in mare ma alle volte e soprattutto per i più piccoli, anche queste situazioni possono essere fatali. Per evitarle, la prima misura da mettere in atto è l’attenzione costante. Bisogna sapere che l’annegamento dei bambini, anche per la forma della loro epiglottide, è un annegamento silenzioso e per tanto ci deve essere sempre un controllo visivo con il bambino perché potrebbe scomparire da vicino senza accorgersene e se non ci si accorge, se non si interviene entro 5 minuti, i danni diventano irreparabili». Questo però apre un altro argomento, quello di saper intervenire. «In piscine aperte al pubblico e nei lidi in concessione», continua Marino, «è obbligatoria la presenza del bagnino che controlla, previene ma sa anche intervenire in caso di emergenza. E lì infatti si registrano molti meno casi. Nelle spiagge libere invece il bagnino non è previsto e i casi sono molto più numerosi. Sarebbe importate che anche sulle spiagge libere ci fossero dei bagnini o per lo meno che si avvertissero i bagnanti con dei cartelli che quel tratto di spiaggia non è sicura. Così come bisognerebbe avvisare se in quel tratto ci sono dei pericoli come correnti insidiose, falesie o altro». Antonio Calitri
Fonte e immmagini: Il Messaggero