Milano, 7 Aprile 2020 – L’approfondimento del Dr. Alfredo Rossi, Direttore Generale Sanitario della Società Nazionale di Salvamento.

Coronavirus: rifacciamo il punto
I test diagnostici

Dr. Alfredo Rossi
Direttore Generale Sanitario
Società Nazionale di Salvamento
Genova

Questo documento vuole essere un aggiornamento del precedente “Coronavirus: facciamo il punto”, già pubblicato sul sito della SNS (www.salvamento.it)

1  –  Come si arriva ad una diagnosi (in vivo) di infezione da Coronavirus ?
Sostanzialmente in due modi:

  1. Dimostrazione diretta della presenza del virus;
  2. Dimostrazione indiretta mediante l’analisi sierologica della risposta anticorpale.

2  –  Identificazione diretta del virus
Si ottiene mediante esecuzione di un tampone nasofaringeo.

Consiste  nel prelievo di materiale biologico presente nelle prime vie respiratorie (più agevolmente dalla faringe). Il campione sigillato viene inviato in laboratorio. Il test consiste nell’individuare la presenza di RNA virale (specifico) mediante una complessa procedura di estrazione e amplificazione denominata PCR (reazione a catena della polimerasi). Il test è altamente specifico e sensibile.
Un esito positivo significa che il soggetto è infettato da Coronavirus.
Un esito negativo significa che il soggetto non è in quel momento infettato. Ciò tuttavia non esclude alcuna possibilità di infezione nel periodo seguente l’effettuazione del test.

3  –  Dimostrazione indiretta : analisi sierologica
Come in ogni infezione da agente esterno (patogeno o meno) il sistema immunocompetente tende a produrre anticorpi di difesa per poter confinare o eliminare l’ ”ospite indesiderato”.

La produzione anticorpale è un fenomeno complesso , che avviene per tappe successive:

  • Produzione precoce di Immunoglobuline di tipo M (IgM) : avviene in circa 7 – 10 giorni
  • Produzione di Immunoglobuline tipo G (IgG) : seguono le IgM , compaiono dopo circa 14 giorni, aumentano l’efficacia della risposta difensiva e conservano a lungo la cosiddetta “memoria immunitaria”, che consente all’ individuo di essere pronto per contrastare una eventuale reinfezione

Sono necessarie alcune considerazioni:

  1. I test sierologici per essere affidabili devono essere sensibili e specifici ( i cosiddetti ‘falsi positivi’ e ‘falsi negativi’ devono essere minimi);
  2. Occorre limitare ogni possibile “cross- reattività” con altri patogeni affini, quali altri coronavirus umani , diversi dal coronavirus responsabile della COVID-19;
  3. Una sierologia negativa, anche per IgM, non esclude che il soggetto abbia appena contratto l’infezione e che sia ancora nella fase precedente la comparsa delle IgM stesse. Quindi un soggetto potenzialmente infettante. In questa fase il golden standard diagnostico è solo il tampone nasofaringeo.
  4. Non è attualmente del tutto chiaro se un soggetto con anticorpi (IgM ed IgG) non sia ancora per un certo tempo contagioso: il processo di reale eliminazione del virus può essere più lento. Esistono ad esempio virus , come l’HIV , per cui la risposta anticorpale , pur documentabile, non neutralizza il virus stesso.  Per fortuna, da indagini preliminari, sembra che le Immunoglobuline prodotte  contro il Coronavirus responsabile della COVID-19 siano neutralizzanti.

4  –  Test sierologici : tipi e utilizzo epidemiologico
Secondo un modello puramente teorico si potrebbe sostenere che se una persona è clinicamente guarita ed ha anticorpi neutralizzanti:

  • È protetta da una eventuale re-infezione, poiché il virus viene bloccato, quindi
  • Non rischia di ammalarsi di nuovo
  • Non trasmette ad altri l’infezione

Ma la storia della malattia COVID-19 potrebbe rispettare appieno questo modello?
Solo il futuro potrà dare la risposta.
Da un punto di vista pratico, al di là del rationale scientifico, va doverosamente sottolineato che, sia a livello immuno-virologico che a livello istituzionale, lo sforzo attuale è diretto alla identificazione del test migliore, che offra caratteristiche di fattibilità, rapidità, sicurezza, specificità/sensibilità, costo.
In questo contesto appare promettente un test ematico elaborato dalla DiaSorin in collaborazione con il Policlinico S. Matteo di Pavia: il kit permette si rilevare in tempo rapido, attraverso un segnale luminoso,  la presenza  di  anticorpi IgG diretti specificamente contro i domini S1 e S2 della proteina spike del coronavirus.

Un test affidabile potrebbe in tempi relativamente brevi consentire di classificare (epidemiologicamente) le caratteristiche di quella popolazione in possesso di una sorta di “patente di immunità”.
Se questo status immunologico risultasse stabile, neutralizzante e protettivo si potrà davvero parlare di guarigione.

Vi ringrazio.

Milano, 07/04/2020

Scarica la nota – Coronavirus: rifacciamo il punto (PDF)

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